martedì , 12 Novembre 2024
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Discipline Filosofiche, XXXVI, 1, 2026: L’avventura psicofisica. Da Wolff al comportamentismo, a cura di Chiara Russo Krauss e Giuseppe Guastamacchia

La psicofisica rappresenta una delle più ambiziose e controverse avventure del pensiero moderno. Alimentatasi nel solco problematico del dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa, l’idea di una scienza esatta dell’anima ha visto diversi e autorevoli tentativi di fondazione orientati alla formulazione di leggi in grado di spiegare la dinamica degli eventi psichici sulla base di una presupposta analogia con gli eventi esterni. Tali istanze trovarono una prima manifestazione rigorosa nelle ipotesi psicometriche esposte da Christian Wolff nella Psychologia empirica (1732) e nella Philosophia practica universalis (1738-39) e attraversarono poi tutto l’Illuminismo e l’Ottocento filosofico tedesco, intrecciandosi rapidamente con i progressi nel campo della fisica, dell’ottica e della fisiologia dei sensi. Il periodo di fioritura illuminista della “psicologia fisica” trovò però un primo importante ostacolo nel diniego kantiano della possibilità di una matematizzazione dell’anima contenuto nei Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft (1786). L’opposizione di Kant nei confronti della psicometria fu però tutt’altro che univoco: da una parte, infatti, egli assegnava la psicologia empirica all’ambito dell’antropologia, senza dunque privarla del tutto di una legittimità epistemica; dall’altra apriva un sentiero per i successivi sviluppi della psicofisica formulando, già a partire dalla Critica della ragion pura (1781), la nozione assai rilevante di «grandezza intensiva».
L’interdizione kantiana non fece che rallentare momentaneamente la nascita di teorie associate all’idea psicofisica, che nel corso dell’Ottocento filosofico tedesco troveranno manifestazione sistematica. La scienza romantica – con autori come Johann Wilhelm Ritter (1776-1810), Carl Friedrich Kielmeyer (1765-1844), Lorenz Oken (1779-1851), Karl Friedrich Burdach (1776-1847) – si farà carico di riattivare il legame tra filosofia e fisiologia, tentando di conciliare le istanze introdotte dal kantismo con le nuove direzioni nello studio del vivente. Poco più tardi, lo storico discorso di Herbart del 1822 Über die Möglichkeit und Nothwendigkeit, Mathematik auf Psychologie anzuwenden alla Königslichen Deutschen Gesellschaft avrebbe invece posto le basi per una fondazione della psicologia in termini matematici, dando così un impulso decisivo alla nascita di una vera e propria tradizione psicologica herbartiana con Wilhelm Fridolin Volkmann (1801-1877) e Theodor Waitz (1821-1864), oltre a figure come quelle di Ludwig Strümpell (1812-1899) e Moritz Wilhelm Drobisch (1802-1896). Il tentativo di Herbart in direzione di una matematizzazione degli eventi di coscienza, la sua critica alla Vermögenspsychologie kantiana e la formulazione del concetto di «soglia della coscienza» godranno di una considerevole fortuna nel dibattito filosofico e psicologico del secondo Ottocento tedesco, costituendo un riferimento indispensabile per le generazioni di fisiologi che cercheranno di stabilire punti di contatto tra il principio psichico e l’apparato percettivo. A questo riguardo, si possono indicare due tradizioni: la prima che parte dal laboratorio di Johannes von Müller (1752-1809) e ha come massimi rappresentanti Hermann von Helmholtz (1821-1894), Emil Du Bois-Reymond (1818-1896) e Rudolf Virchow (1821-1902); la seconda che invece ha come centro l’Università di Lipsia, attorno alla quale gravitarono Ernst Heinrich Weber (1795-1878), Carl Ludwig (1816-1895), Gustav Fechner (1801-1887) e Wilhelm Wundt (1832-1920).
Se per Helmholtz era la fisiologia dei sensi a offrire, già a partire dal 1855, il punto esatto nel quale filosofia e scienze naturali «più si avvicinano», definendo i contorni di quella «regione di confine» sul cui terreno si dividono più in generale le due branche del sapere riconosciute sotto i nomi di Natur- e Geisteswissenschaften, con Fechner e Wundt la vicenda della psicofisica tedesca toccherà il suo apice. Mentre negli Elemente der Psychophysik (1860) Fechner designò la psicofisica come dottrina esatta dei rapporti tra l’anima e il corpo, dopo aver suffragato su basi sperimentali gli studi matematici di Weber sui rapporti tra stimolo e percezione, Wundt affrontò invece – quasi in contemporanea – i problemi concernenti la misurazione della «grandezza» delle sensazioni, designando questo suo impegno nelle Vorlesungen über Menschen- und Thierseele (1863) come il «primo passo dell’audace impresa di applicare in generale una misura esatta alle grandezze di ciò che è spirito». Da allora in poi, secondo Wundt, la psicologia sarebbe dovuta restare sempre debitrice a Fechner per il suo «primo esame esauriente delle sensazioni sensoriali dal punto di vista fisico, con il quale è stato posto il fondamento di una esatta teoria della sensazione». Si tratta della fondazione scientifica di una psicologia su base sperimentale.
I nomi di Fechner e Wundt segnano il punto più alto delle riflessioni che hanno contraddistinto nell’Ottocento filosofico e psicologico tedesco la possibilità di ricondurre l’interiorità continua e indivisibile della psiche alla misurazione quantitativa delle partes extra partes. L’eredità delle loro intuizioni scientifiche fu raccolta già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento in altri contesti filosofici europei: in ambito francese da Alfred Binet (1857-1911) e Théodore Simon (1873-1961), in Italia da Francesco De Sarlo (1864-1937) e poi Antonio Aliotta (1881-1964) e in ambito anglosassone da Edward Titchener (1867-1927) e dalle teorie comportamentiste. Il comportamentismo, in particolare, operò un fondamentale superamento dello strutturalismo wundtiano abbandonando l’inquadramento problematico del dualismo cartesiano e introducendo un nuovo concetto delle “manifestazioni osservabili” dell’anima. In questo contesto si assiste a rinnovati tentativi di matematizzazione e formalizzazione della psicologia, come ad esempio negli studi di Clark Leonard Hull, Mathematico-Deductive Theory of Rote Learning (1940) e Principles of Behavior (1943). Ma si tratta solo di una tra le numerose diramazioni novecentesche della psicofisica. La storia più recente di questa vicenda è tutt’altro che conclusa e resta ancora da scrivere.
Per il prossimo numero monografico di Discipline Filosofiche s’invita alla preparazione di contributi su questo tema, incoraggiando la trattazione dei seguenti argomenti:
1) i presupposti filosofici moderni dell’idea psicofisica;
2) la psicometria wolffiana e il dibattito settecentesco;
3) la psicologia empirica in Kant e nel kantismo;
4) il dibattito psicologico nell’ottocento tedesco da Herbart a Wundt;
5) filosofia e psicologia di Gustav Theodor Fechner;
6) la psicofisica in Francia, Stati Uniti, Inghilterra, Italia;
7) fortuna e vicende della psicofisica nel Novecento;
8) filosofia della psicologia sperimentale.

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Scadenza per l’invio del manoscritto: 16 gennaio 2026
Notifica della decisione: 27 febbraio 2026
Scadenza per l’invio della versione finale: 14 aprile 2026