martedì , 19 marzo 2024
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116. Recensione a: Horia Corneliu Cicortas, Roberta Moretti, Andrea Scarabelli (a cura di), Ioan Petru Culianu. Argonauta della Quarta Dimensione, Bietti, Milano 2021, pp. 228. (Igor Tavilla)

La rivista «Antarès. Prospettive antimoderne» è da poco uscita in libreria con Ioan Petru Culianu. Argonauta della Quarta Dimensione, per omaggiare la memoria dello storico delle religioni, pensatore e scrittore romeno, assassinato a Chicago il 21 maggio 1991. Per l’occasione «Antarès» depone lo status, non il formato, della rivista per assumere quello più impegnativo del volume, con il vantaggio così di offrirsi a una doppia possibilità di lettura: quella estensiva e continua del saggio, e quella più agile e cursoria della silloge di articoli. Il merito di questa pregevole iniziativa va innanzitutto ai curatori del volume: Horia Corneliu Cicortas, docente di storia delle tradizioni religiose all’Università di Trento, prolifico traduttore e curatore di autori romeni tra cui Eliade e Cioran (ricordiamo qui il carteggio tra i due, tradutto e curato insieme a Massimo Carloni, Una segreta complicità. Lettere 1933-1983, Adelphi, Milano 2019), Roberta Moretti, filosofa, studiosa di Ioan Petru Culianu (d’ora in avanti IPC), autrice del primo lavoro organico dedicato allo studioso romeno in Italia (Il sacro, la conoscenza e la morte. Le molte latitudini di Ioan Petru Culianu (Iasi 1950-Chicago 1991), Il Cerchio, Rimini 2019) e Andrea Scarabelli, giornalista, vicesegretario della Fondazione Julius Evola, direttore di «Antarès», nonché responsabile, presso l’editore Bietti, della fortunata collana l’Archeometro.
Il volume, introdotto da Grazia Marchianò, vedova di Elémire Zolla, estetologa e orientalista, già professore ordinario all’Università di Siena-Arezzo, che ha conosciuto e frequentato Culianu nel corso dei suoi non rari soggiorni in Italia, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, si articola in tre sezioni: una saggistica, che raccoglie contributi sulla intensa e multiforme produzione scientifica dell’autore, una memorialistica, costituita da testimonianze e interventi di coloro che hanno incrociato e conosciuto Culianu nel corso del suo itinerario terreno, e infine una sezione di testi dello stesso Culianu, tra i quali compaiono racconti, articoli e interviste. La “quarta dimensione”, di cui Culianu è stato infaticabile esploratore è la mente umana, che in virtù dei giochi combinatori tra i suoi archetipi immaginali, costituisce la matrice universale di ogni sistema religioso, filosofico e di potere. «A proposito dell’opera Archetipi di Elémire Zolla (1981, 2016) – ricorda Grazia Marchianò –, la sentenza folgorante di IPC era stata: “La mente sola è reale, quel che capita e si chiama mondo, è fatto di arcani, archetipi ingarbugliati!”».
Spetta a Tereza Culianu-Petrescu l’onore di aprire il volume con una sintetica biografia del fratello. Nato a Iasi nel 1950, dopo essersi formato in italianistica presso l’Università di Bucarest dove si laurea con una tesi su Marsilio Ficino, Culianu lascia per sempre la Romania nel luglio del 1972. Inizialmente si stabilisce in Italia, prima a Perugia poi – dopo diversi mesi passati nei campi profughi di Trieste e Latina – a Roma e infine a Milano, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove approfondisce il pensiero gnostico e consegue il dottorato sotto la guida di Ugo Bianchi. Tre anni dopo, nell’autunno del 1976, è a Groninga prima come assistente poi come professore associato di lingua e letteratura romena. Nel 1978 pubblica il suo primo libro, una monografia su Mircea Eliade (incontrato a Parigi alcuni anni prima) nella quale il giovane studioso affronta la formazione e le radici romene dell’opera del celebre storico delle religioni. Conseguito un primo dottorato alla Sorbona, nel 1981 pubblica insieme a Giampaolo Romanato e Mario Lombardo Religione e Potere e nel 1984 ben due monografie, Expériences de l’extase (Payot) e Éros e magie à La Renaissance (Flammarion), tradotte pochi anni dopo anche in italiano. Alla prolifica produzione scientifica si affianca quella letteraria, animata da una vena narrativa fantastica e visionaria (cfr. Il rotolo diafano, Elliot, Roma 2010). Approda a Chicago in veste di visiting professor nel 1986, poco prima che l’anziano Eliade si spenga. Due anni dopo viene nominato professore associato presso la Divinity School di Chicago. Dagli Stati Uniti è spettatore degli avvenimenti politici che alla fine del 1989 portano in Romania alla destituzione del dittatore comunista Ceausescu e all’instaurazione di un regime semi-democratico, iniziando a collaborare con varie testate indipendenti dell’emigrazione romena, dove denuncia con feroce sarcasmo il neo-presidente Ion Iliescu e quella che giudica una rivoluzione farsa, pilotata dagli apparati della Securitate romena e dal KGB. Nel frattempo escono I miti dei dualismi occidentali (1989) e il Dictionnaire des religions (1990). L’ultimo lavoro che porta a termine è Out of this World. Otherworldly Journeys from Gilgamesh to Albert Einstein (trad. it. I viaggi dell’anima, Mondadori, Milano 1991). Dopo aver subito minacce e intimidazioni, Culianu veniva assassinato presso il dipartimento della sua Università con un colpo di pistola alla nuca il 21 maggio 1991. Mandanti ed esecutori materiali di questo crimine restano a tutt’oggi ignoti (sulla vicenda si rimanda al saggio di Ted Anton, Eros, magia e l’omicidio del Professor Culianu, Settimo Sigillo, Roma 2007).
La ricchezza dei contenuti e la varietà delle prospettive che il volume offre al lettore è tale e tanta che possiamo ripercorrerla qui soltanto a volo d’uccello. Nel fare il punto sul “cantiere” Culianu, Sorin Antohi – professore di storia dell’Università di Bucarest e curatore dell’opera di IPC in Romania – raccomanda allo studioso che voglia cimentarsi con il pensiero di Culianu la stessa anarchia epistemologica di cui quest’ultimo ha dato prova, evitando la Scilla dell’approccio neo-positivista e la Cariddi del post-moderno. Moshe Idel, studioso del misticismo ebraico di fama mondiale, descrive la parabola di Culianu storico delle religioni come un progressivo «allontanamento dall’approccio storico-filologico ai vari fenomeni religiosi» per abbracciare un approccio «formalistico» capace di interpretare gli sviluppi nell’ambito della religione e del pensiero umano in generale «come l’attualizzazione di potenzialità presenti sin dal principio in certi elementi correlati, che, combinati in modo diverso, producono risultati differenti». Il che giustifica l’interesse di Culianu per la mnemotecnica lulliana e l’ars combinatoria di matrice cabalistica. In analoga direzione muove lo storico delle religioni Giovanni Casadio, il quale sottolinea la novità delle griglie neuro-cognitive applicate da Culianu alla storia delle religioni, superamento tanto della morfologia eliadiana quanto dell’approccio storico di cui Ugo Bianchi era maestro. L’originalità dell’interpretazione culianiana del fatto religioso, fondata su «elementi rinascimentali reinterpretati in chiave psicoanalitica, fenomenologica e filosofica» viene sottolienata anche dallo studio di Eduard Iricinschi. John Crowley e William Mazzarella sondano invece l’interesse di Culianu per la magia (vista come una tecnologia ante-litteram), i tarocchi e il potere delle immagini talismaniche. L’idea del mago-manipolatore capace di legare a sé attraverso l’immaginazione, rappresentava per Culianu un paradigma interpretativo altrettanto valido a spiegare il consenso dei regimi totalitari e le strategie seduttive della comunicazione pubblicitaria. L’antropologo Andrei Oisteanu si sofferma su un oggetto di studio comune sia a Eliade che a Culianu: le esperienze transcorporee e le estasi sciamaniche legate all’uso di sostanze psicoattive. Sul sentimento di devota ammirazione che Culianu nutrì verso Eliade e sull’evoluzione del rapporto tra maestro e discepolo si esprime invece Liviu Bordas. Ezio Albrile prende spunto dagli studi gnostici di Culianu per sviluppare alcune divagazioni sull’uomo e l’opera, mentre Stefano Daniele si concentra sulla presenza del mito di Faust nella riflessione dello storico delle religioni. Al Culianu scrittore si dedica invece Valentina Sirangelo, decifrando «il fitto sostrato simbolico de Il gioco dello smeraldo – racconto di Culianu pubblicato per la prima volta in Italia nel 1989».
Nella sezione delle testimonianze, ampio risalto spetta al ricordo di Giampaolo Romanato, compagno di studi di IPC presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano e al carteggio intercorso tra i due nell’arco di tempo compreso tra il 1975 e il 1987. Tra coloro che hanno frequentato lo studioso romeno durante il suo soggiorno milanese figura anche Aldo Natale Terrin, storico delle religioni di impronta eliadiana, intervistato per l’occasione da H.C. Cicortas, mentre Grazia Marchianò insiste sulla «consonanza intellettuale» tra IPC ed Elémire Zolla. Segnaliamo inoltre le interviste a Lawrence E. Sullivan, Ted Anton e Roberto Scagno, l’intenso e toccante carteggio con Angela Margaritelli, allieva di Cornelio Fabro conosciuta da Culianu nel secondo soggiorno perugino (1973), e il ricordo dell’amico Dorin Tudoran, che affronta la materia incandescente dell’omicidio irrisolto. Tra le rarità che arricchiscono il libro: una raccolta di documenti inediti emersi dagli archivi della Securitate romena (a cura di Daniela Dumbravă), alcuni racconti giovanili, insieme a saggi e conferenze, e l’interessante dossier sui tagli operati sull’edizione italiana di Eros e magia nel Rinascimento, a cura di Andrea Scarabelli. Il testo, corredato da una biografia orientativa, è illustrato da numerose foto, in bianco e nero e a colori, e impreziosito da alcune tavole dell’artista visiva Letteria Giuffrè Pagano.
Il volume, che ricorda i famosi Cahiers de l’Herne, rappresenta una sorta di microcosmo dell’opera di Culianu. Trovano in esso espressione, infatti, le molteplici direttrici percorse dallo studioso romeno nell’arco della sua breve ma folgorante parabola. Utile strumento di consultazione per chi voglia avvicinare lo straordinario profilo di quest’autore, il volume merita altresì l’attenzione del lettore esperto o familiare con l’opera di IPC, in ragione dell’altissimo profilo dei contributi e della varietà dei materiali, molti dei quali inediti in italiano o di difficile reperibilità. L’auspicio, che ci sentiamo di condividere con i curatori è che l’iniziativa di «Antarès» possa promuovere una rinascenza di studi dedicati al pensatore romeno e dare nuovo impulso all’edizione delle sue opere in Italia, alcune delle quali esaurite e non più riedite.

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